Lavorazione meccanica:
punti critici
Qualche spunto di riflessione
sulla base di casi pratici.
Consumi di gioielleria prodotta mediante deformazione plastica
Dai dati sui consumi del Gold Survey 2017 e del World Silver Survey 2017, si conta un consumo di oro pari a 1900 tonnellate mondiali e di argento pari a 8059 tonnellate mondiali (di cui 6438 usate in ambito della gioielleria e 1621 nel silverware). Ipotizzandone una proporzione al 60%, 1150 tonnellate di oro e 4500 di argento vengono trasformate in gioielleria mediante processi di deformazione plastica.
Quali sono i vantaggi di un processo di deformazione plastica?
Alcuni dei vantaggi di un processo di deformazione plastica sono unici fra le tecnologie che attualmente sono utilizzate e sono:
- Superficie compatta, luminosa, grano cristallino ricostruito
- Resistenza meccanica elevata
- Automatizzazione di operazioni ripetitive, alta produttività
- Spessori sottili
Uno dei problemi con cui ci si confronta è la grande varietà di processi produttivi che ci sono nell’ambito della deformazione plastica che permettono di ottenere uno stesso oggetto finale con processi differenti partendo da tre tipologie di semilavorati: lastra, filo e tubo.
Questi stessi semilavorati possono esser lavorati in maniere totalmente diverse. La scelta di tale lavorazione va effettuata a seconda dell’obiettivo specifico del tipo di produzione.
L’obiettivo di questa relazione è, partendo da alcuni esempi di problemi riscontrati, identificare cause e soluzioni proposte, nonché discutere di alcune cause generali delle problematiche.
Problemi frequenti durante la produzione
I più comuni problemi relativi alla produzione del pezzo sono:
- Fragilità, insufficiente deformabilità
- Proprietà meccaniche insoddisfacenti
- Problemi con macchine utensili
- Tensioni residue, mancato rispetto delle tolleranze
- Saldatura
- Vuotatura
Saldatura e vuotatura non sono propriamente due processi di deformazione plastica, ma sono molto influenzati dal semilavorato.
Problemi frequenti del prodotto finale
Tra i problemi relativi al prodotto finale troviamo invece:
- Fragilità nel tempo (tenso-corrosione)
- Perdita di elasticità (mancato «effetto molla»)
- Usura superficiale
Il primo caso è un problema di fragilità su una barra di oro rosso a titolo 750‰ prodotta mediante colata continua. Il semilavorato iniziale aveva uno spessore relativamente importante che, per una lega di questo tipo, causava un problema di dissipazione del calore. La filiera in questo caso aveva il classico riscaldamento passivo che si ha nelle colate continue (in cui la filiera assorbe il calore del metallo che vi fluisce all’interno). Questo tipo di raffreddamento, in particolar modo per l’oro rosso 18 carati, facilita la formazione di composti intermetallici fragili nelle temperature inferiori ai 400° gradi per cui, mantenendo un oggetto abbastanza massiccio per sufficiente tempo a temperature medio-alte (basse rispetto alla fase fusoria, alte rispetto alla temperatura ambiente) la barra potrebbe infragilirsi. Ciò è visibile a volte non a inizio lavorazione, ma in fase di laminazione presentando sfogliature superficiali o cricche.
La soluzione nel caso dell’oro rosso è quella di raffreddare il pezzo il prima possibile per evitare dissipazione di calore attraverso l’adozione di una filiera più sottile (in questo caso si è passati da uno spessore di 10 a 7 millimetri), accelerando la discesa della barra per evitare la formazione dei composti intermetallici e, nel caso in cui l’aria non fosse in grado da sola di dissipare questo calore, inserire un sistema di raffreddamento ad acqua.
Un discorso simile va fatto per la preparazione di lingotti: il problema della dissipazione di calore è lo stesso e può causare fragilità.
Fusione e solidificazione: punti critici
Tra i punti critici della fase fusoria troviamo:
- I tempi di colata
- La presenza o meno di una pre-fusione
- La tipologia dei crogioli (si è notato che problemi di fragilità possono derivare dall’uso di crogioli in carburo di silicio i quali rilasciano del silicio nella lega rendendola fragile)
- Il quantitativo colato
- Colata in lingottiera: importanza di un pre-riscaldamento a 250-300°C per evitare shock termico
- Sezione del semilavorato va scelta in funzione del tipo di oggetto che devo andare ad ottenere. Dovrei effettuare almeno 2 cicli completi di riduzione e ricottura (es. lastra 0.2 mm ß 0.67 mm ß 2.2 mm ß 7.5 mm)
La fase di preparazione dell'aggraffatura con ferro è stata eseguita senza problemi.
L’unico problema sono state le rotture della catena durante lavorazioni successive alla formatura: la lastra non presentava la duttilità necessaria per assorbire la fase di piegatura del semilavorato (insufficiente resistenza meccanica).
Abbiamo iniziato la nostra indagine cercando dei dati sulla fase di deformazione e di riduzione.
Il processo iniziale utilizzato dal cliente, in cui la lastra veniva portata a 0,4 mm e poi veniva avvolta, era preceduto da due passaggi di laminazione che non completavano quella trasformazione omogenea necessaria alla lastra per avere una microstruttura adatta.
La disomogeneità nei gradi di riduzione genera uno stato di tensione residua.
Il nostro consiglio è stato quello di unire i due passaggi e, quindi, eseguire un numero inferiore di cicli di deformazione.
Elemento critico: processo deformazione plastica
In conclusione, la causa del problema è la disomogeneità nei gradi di riduzione della lastra.
L'azione correttiva adottata è stata l'esecuzione di un numero inferiore di cicli di deformazione, con l’obiettivo di rendere più omogenea la microstruttura.
Un ulteriore vantaggio è stato la riduzione della durata del ciclo produttivo.
Punto critico: grado di riduzione prima della ricottura
Riduzione: punti critici
Il passaggio critico del caso sopra citato è stato il grado di riduzione prima della ricottura.
Per quanto riguarda in generale l’aspetto di deformazione plastica di riduzione, è necessario avere degli accorgimenti specifici:
- Tipo di semilavorato (filo, lastra, tubo) e dimensioni dello stesso
- Calcolo del grado di deformazione, da definire partendo dal prodotto finale da ottenere
- Macchine: dimensioni, potenza e condizione
Va preferita una buona microstruttura, piuttosto che una semplice valutazione della durezza della lega.
Calcolo riduzione d’area
Riduzione: punti critici
La dimensione del rullo modifica lo stato tensionale:
- Rulli di piccole dimensioni e/o piccole deformazioni tendono a deformare il metallo più in superficie che al cuore e inducono uno stato di compressione superficiale e tensione interna
- Rulli di grandi dimensioni tendono a deformare il metallo più al cuore ed inducono uno stato di trazione superficiale
Uno stato tensionale all’interno del pezzo è inevitabile. Controllarne l’entità è ruolo dei passaggi di deformazione plastica, diminuirle è ruolo dei trattamenti termici.
STATO TENSIONALE SUPERFICIALE, SPECIE IN PRESENZA DI GRANA GROSSOLANA: provoca apertura di cricche e si collega ad inneschi di reazioni di corrosione.
Discorso simile vale per la trafilatura in cui da una parte c’è uno sforzo radiale e dall’altra parte c’è uno sforzo tensionale.
In questo caso gli oggetti sono prodotti allo stesso modo e fotografati al SEM/EDX nella stessa fase produttiva (dopo la vuotatura).
Campione 1: lega affinata
Il campione 1 è una lega contenente un affinatore di grano, cioè una sostanza che va a compattare la lega aumentando i punti di nucleazione durante sia la fase sia di fusione sia di ricottura degli oggetti.
Campione 2: lega senza affinatore
Il campione 2 presenta lo stesso oggetto visto nel campione 1, prodotto allo stesso modo, ma con una lega priva di affinatore di grano. Si può notare, infatti, una rugosità lievemente superficiale.
Questo fattore è da tenere in considerazione sia dal punto di vista operativo sia dal punto di vista economico. A parità di condizioni, alcune formulazioni permettono una migliore compattazione del grano cristallino.
Se l’aggiunta di affinatore è necessaria e compatibile coi costi di produzione, si consiglia di procedere con un cambio di formulazione.
Elemento critico: formulazione di lega
Altro caso in cui notiamo microstrutture diverse di una lega affinata e non affinata, lo possiamo notare anche su una grana di un semilavorato che venga messo in esercizio in stato incrudito. È il caso di una fede nuziale. Il numero di grani cristallini è superiore per unità di area nella lega con affinatore, che rende il grano più compatto, offrendo una maggiore resistenza ad eventuali aperture di cricche (campione 3).
Elemento critico: formulazione di lega
Per quanto riguarda l’aspetto della formulazione di una lega, si necessita di una visione critica da parte di chi lavora perché vi sono aspetti da prendere in considerazione che non sono tipici della formulazione stessa della lega. Ad esempio, il riutilizzo di materiale, l'inserimento in formulazione di ossidi o altri elementi che influiscono sulle prestazioni della lega. È opportuno sapere cosa viene inserito e fino a quanto ci si può spingere nel riutilizzo della lega.
Questo è un caso di operatività su CNC (macchina a controllo numerico).
Abbiamo un semilavorato (tubo) in oro rosso a titolo 750‰. La lega funziona correttamente nel caso in cui il materiale sia fresco al 100%.
Il problema subentra nel caso in cui il semilavorato sia stato prodotto usando il 100% di scarto, le frese presentano un consumo anomalo. Il materiale si presenta più rigido e le frese della macchina CNC hanno vita inferiore.
Questo avviene perché una lega d’oro rosso per avere quel colore deve avere un contenuto importante in rame che ha la tendenza ad ossidarsi e quindi ad irrigidire la microstruttura.
Consigli: usare minore frazione di materiale di scarto per diminuire l’effetto di irrigidimento oppure utilizzare una lega con un tenore in argento un po’ più alto per diminuire la parte in rame e ammorbidire la lega.
Elemento critico: formulazione di lega
Formulazione: punti critici
Questi sono due esempi di una lamina in oro fino proveniente da un cliente il quale non era a conoscenza del fatto che erano presenti 300 ppm circa di ferro e altri residui indesiderati all'interno dei due campioni provenienti da due lotti d’acquisto diversi.
Una volta che si è a conoscenza della presenza di questi residui, possono essere accettati o meno all'interno della formulazione.
Quindi in «formulazione» vanno considerati anche:
- Impurezze provenienti dal metallo fino o dal processo
- Materiale di riutilizzo
- Affinatori di grano o altri additivi
Nel caso 6 abbiamo un tubo in argento 925‰ saldato mediante saldatura TIG che, dopo i primi passaggi di deformazione plastica, presentava delle spaccature lungo il cordone di saldatura con apertura di cricche.
Sappiamo che il tubo TIG opera una fusione localizzata dei due lembi della lastra che vengono piegati e la struttura che si genera viene definita “dendritica”.
Accanto vediamo una fase di una zona influenzata termicamente.
Sotto vediamo la struttura, possibilmente equiassica e ricotta, della lastra iniziale che è stata poi sottoposta a TIG.
La zona dendritica è una zona con minore resistenza meccanica e questo, nel caso di una lega con problemi di impurezze, genera delle fratture.
Quello che si può fare è operare con un affinatore di grano oppure utilizzare una lega con minori impurezze.
Elemento critico: processo di saldatura
Saldatura: fattori critici
Durante la solidificazione di un metallo avviene una riduzione di di volume. Questo genera uno stato di trazione lungo il cordone di saldatura (picco del grafico) che genere le cricche di cui abbiamo parlato nel momento in cui vado a sforzare ulteriormente il tubo durante trafilatura.
Questa catena dopo formatura e saldatura (fatta a liquido, senza apporto di materiale) presentava dei problemi di fragilità prevalentemente nella zona di saldatura.
L’analisi al SEM mostra delle zone che presentano una frattura assieme a zone che presentano delle “soffiature” dovute a mancata adesione dei lembi della saldatura.
Questo difetto è stato associato a questa mancata adesione, che potrebbe essere causata anche da dei residui di liquido saldante che inficiano la resistenza meccanica del pezzo.
In alcune zone il giunto non presentava una lunghezza sufficiente per garantire una tenacia meccanica e questo è probabilmente dovuto al tempo di trattamento nel forno a nastro.
L’azioni correttiva in questo caso è permanenza più lunga nel forno.
La fragilità si vedeva anche dopo la galvanica. Nel caso in cui in questi interstizi si infiltrasse dell’acido o altre sostanze galvaniche si possono verificare corrosioni localizzate.
Elemento critico: processo di saldatura
Queste sono tre campanelle trattate in maniera diversa. Il campione 1 presenta il caso come ci è stato presentato. Dopo la vuotatura la lega presentava delle rugosità, ma era abbastanza omogenea.
Dopo la levigatura data dai buratti (campione 2) l’analisi al SEM evidenziava delle fasi ricche in oro, ma non in argento (quindi un composto oro-rame) e altre più ricche in argento. Nelle fasi prive di argento, la vuotatura aveva lavorato chimicamente mangiandosi alcuni dei grani e causando piccole corrosioni localizzate. Questo era probabilmente la causa della bassa luminosità del pezzo.
L’azione correttiva è stata un’omogeneizzazione a 730°C per 40 minuti del semilavorato prima della vuotatura.
Campione 2:
Zona arricchita in oro e povera in Ag (zone 1a, 2a): aggredita
Zona povera in Ag e a titolo (zone 4a, 5a): regolare
Campione 3:
Elemento critico: ricotture
Ricotture: a cosa servono?
- Eliminazione delle tensioni residue
- Riassorbimento delle dislocazioni (i difetti lineari che permettono la deformazione plastica che si concentrano a bordo dei grani e che impediscono ulteriori deformazioni plastiche) all’interno della microstruttura
- Il trattamento termico serve a distendere questi difetti e ripartire con una microstruttura nuova, una grana cristallina uniforme, equiassica
- Se si esagera con i tempi o le temperature per la trasformazione, si rischia un ingrossamento del grano (diventa quindi meno resistente meccanicamente)
Ricotture: a cosa porre attenzione?
L’idea è quella di partire da una microstruttura iniziale (il semilavorato che esce dalla colata continua), trasformarlo per via plastica in maniera omogenea mediante una deformazione che arrivi dalla superficie al cuore del metallo e poi permettere una ricottura, quindi una ricostruzione della grana, generalmente più fine, omogenea e con caratteristiche migliorate dal punto di vista meccanico rispetto al precedente.
Due casi di catena aggraffata con ferro 14 e 18 carati oro giallo.
Si nota una grana cristallina sotto sforzo prima della vuotatura che è stata ulteriormente aggredita nelle fasi successive di vuotatura chimica.
Il bordo grano è la parte chimicamente più debole di una microstruttura, l’acido ha quindi aggredito i bordi, rendendo possibili fratture intergranulari.
Fattori critici: tensioni residue
Stato tensionale indotto da deformazione plastica.
In questo caso i pezzi ci sono ritornati dal mercato con fratture sulle maglie di giunzione.
Abbiamo operato delle analisi in casa, in particolare un test di corrosione accelerata (sudore artificiale) per evidenziare fragilità sugli oggetti.
Sia il semilavorato da cui era stato prodotto questo oggetto sia il prodotto finito avevano subito fratture dovute a grana cristallina grossolana e a tensioni residue dovute alla piegatura.
L’azione correttiva in questo caso può essere una distensione prima della messa in esercizio del pezzo e una revisione dei parametri di processo di produzione del filo.
Elemento critico: tensioni residue
Tensioni residue: quali effetti?
- Facilitano l’innesco di corrosione sotto sforzo (il bordo grano è già di per sé punto debole, lo stato tensionale acuisce questa tendenza)
- Possono modificare tolleranze in elementi come gli anelli di catena dopo la formatura, rendendo difficile la saldatura
Conclusioni
È fondamentale avere chiaro il tipo di processo che si ha, capire in cosa non soddisfa o dove non è chiaro, ragionare in termini di «rispetto» della microstruttura della lega, anche se a scapito dei tempi di produzione, valutare fin dai passaggi «consolidati» se ci siano possibilità di miglioramento.
Autore
Andrea Friso
Legor Group s.p.a. – Bressanvido (VI) – Italy
Andrea Friso attualmente ricopre in Legor Group S.p.A. il ruolo di Division Sales Manager per la divisione Master Alloy. Laureato nel 2003 in ingegneria dei materiali presso l’Università di Padova con una tesi su leghe d’oro di colori innovativi in collaborazione, collabora con Legor Group sin dal 2004. E’ in azienda la figura professionale che opera da tramite fra forza vendite, area produttiva e area R&D, grazie all’esperienza maturata sulle diverse tipologie di prodotto e sul loro posizionamento sui diversi Mercati. Supporta la forza vendite nella pianificazione commerciale, nel raggiungimento degli obiettivi e nel loro controllo periodico. Collabora con l’area tecnica e con l’area R&D relativamente allo sviluppo, l’avanzamento, la promozione dei prodotti.